Burnout emotivo: diagnosi, prevenzione e come affrontarlo

Autore: Irina Zalinskaya

Nella vita frenetica di oggi è importante trovare un equilibrio tra lavoro, famiglia e tempo libero e in questo articolo voglio evidenziare il tema del burnout emotivo, oggi molto attuale, conseguenza proprio della rottura di tale equilibrio.

Intorno a me infatti, vedo tanti giovani, uomini e donne che, per qualche motivo, si buttano nel lavoro, molti stanno costruendo carriere di successo, sembrerebbe che tutto sia super! Ma a un certo punto il lavoro occupa la maggior parte della loro vita, del loro tempo e della loro energia ed essi iniziano a vivere di lavoro lavoro senza più tempo, energia e desiderio per qualcos’altro. All’inizio, una persona si sente semplicemente stanca, ma se non agisce in modo tempestivo, non ascolta se stessa, se non si concede un riposo regolare di base o non sposta la tua attenzione su altri interessi, allora questo può portare al burnout o addirittura alla depressione.

La sindrome da burnout emotivo o EBS è un meccanismo di difesa sviluppato da un individuo sotto forma di esclusione completa o parziale delle emozioni in risposta a determinate influenze psicotraumatiche.

Il burnout emotivo è un burnout che nasce spesso da un burnout professionale estendendosi poi a tutte le attività di una persona; anche le giovani madri tuttavia sono suscettibili di burnout emotivo a causa dell’intenso impegno psico-emotivo e fisico che l’accudimento di un bambino piccolo comporta e, nel caso di bambini “speciali”, entrambe i genitori possono esserne colpiti dovendo entrambi profondere gran parte delle loro energie psicofisiche nell’accudimento del figlio.

Inoltre anche coloro che si prendono cura di famigliari non autosufficienti possono andare incontro a burnout emotivo.

In tutti questi casi è importante trovare l’opportunità di cambiare ritmo, dare al corpo almeno un po ‘di riposo, spostare l’attenzione, non concentrarsi e non rimanere bloccati solo sull’oggetto delle cure (lavoro, figlio, parente). Se possibile, imparare a delegare alcune incombenze e responsabilità.

La sindrome da burnout emotivo comprende:

  • esaurimento emotivo;
  • depersonalizzazione;
  • rallentato raggiungimento di traguardi personali

Lo sviluppo della sindrome è graduale e man mano che la sindrome si sviluppa, compare una sensazione di stanchezza, che viene gradualmente sostituita dalla delusione e dal calo di interesse per il proprio lavoro; vi sono alcuni segni tipici (secondo lo psicologo E. Mehler):

stanchezza psicofisica, insonnia, pessimismo, trascuratezza e negligenza nei doveri abituali, passione per l’assunzione di psicostimolanti (tabacco, caffè, alcol, farmaci), diminuzione dell’appetito o eccesso di cibo, aumento dell’aggressività (irritabilità, rabbia, tensione), aumento della passività (cinismo, pessimismo, sentimento di disperazione, apatia);
sentimenti di colpa o sentimenti di ingiustizia.

Herbert Freudenberger, lo psicologo che nel nel 1974 coniò il termine BurnOut, così si espresse:

“Ogni lavoratore si rende conto che lo stress può diventare un fuoco di gioia nel lavoro che viene svolto. Ma se il dipendente non ha risorse sufficienti per gestire e controllare questo incendio, può “bruciarsi” … “

L’esaurimento emotivo funge da componente principale del “burnout professionale” e si manifesta con sensazione di vuoto emotivo, indifferenza alle emozioni e incapacità di provare emozioni (anedonia); tutto ciò è associato a reazioni aggressive con esplosioni di rabbia e sensazione di ingravescente affaticamento fino all’impotenza e al blocco depressivo nello svolgere il proprio lavoro.

La depersonalizzazione poi, spesso si manifesta nella deformazione dei rapporti con le altre persone: maggiore dipendenza dagli altri o, al contrario, ricerca della solitudine con evitamento degli altri e generale cinismo. In particolare, in campo medico, la spersonalizzazione implica un atteggiamento insensibile e disumano nei confronti dei pazienti che vengono per cure o consultazioni.

La riduzione dei risultati personali ha come conseguenza la tendenza a valutare negativamente se stessi riducendo il significato dei propri risultati e limitando le proprie capacità. Quando i risultati personali vengono ridotti, una persona sperimenta una diminuzione dell’autostima, della motivazione professionale e, di conseguenza, un’abdicazione di responsabilità o una rimozione (“ritiro”) dalle responsabilità verso gli altri. Gli operatori sanitari spesso sviluppano sentimenti di incompetenza e fallimento.

Se una persona, nel ritmo frenetico della vita, non si permette di riposare e dedica poco tempo al sonno, allora questo può prima portare al burnout emotivo e poi, come grado successivo, alla depressione.

Riassumendo, le tappe dell’esaurimento energetico-emotivo sono: 1) stanchezza; 2) burnout; 3) depressione. Mentre la stanchezza è ancora una fase rapidamente reversibile con un’adeguato riposo e svago, il burnout e la depressione non lo sono e mentre il burnout è ancora una mini-depressione associata solo allo svolgimento del compito di cui si è saturi, la depressione diviene una malattia che annulla la sensazione di piacere associata a qualsiasi attività, anche a quelle che in precedenza piacevano (vedi a questo proposito la definizione di Depressione come impotenza appresa o acquisita secondo il modello oggi più accreditato sulla genesi della depressione).

Possiamo dunque dire che esista una depressione da burnot prolungato come conseguenza di fattori ambientali stressanti prolungati associati a risorse limitate di adattamento allo stress. La depressione ha dunque fattori scatenanti ambientali ma perchè si manifesti deve esserci una predisposizione genetica. 
I sintomi di depressione, come è noto, includono sensazioni di tristezza rabbia o rassegnazione ma sempre caratterizzati dall’incapacità di provare piacere. A seconda del temperamento di ognuno vi saranno poi depressioni agitate con ansia intensa oppure depressioni apatiche dove predomina la stanchezza e la passività.

Alcune semplici regole per evitare che la stanchezza si trasformi in burnout e depressione:

Crea un elenco di ciò che ami fare e da cui trai piacere, il più completo possibile e da rivedere spesso come un vivaio di risorse da coltivare ogni giorno;

  • Sviluppa e affina sempre più uno stretto rapporto con le tue sensazioni e sentimenti per riuscire a capirti e ad ascoltare i primi segnali di disagio.
  • Pianifica riposi frequenti e periodici che possono essere anche i fine settimana, dove svolgi attività piacevoli e non troppo stancanti, possibilmente in un ambiente distante da quello abituale (effetto antidepressivo del viaggiare come risorsa di emozioni nuove in ambienti nuovi)
  • Creati interessi e passioni extra-lavorative: ognuno ha le sue, possono essere le più disparate, dalla fotografia alla pittura allo sport ai musei….Certamente per poterle coltivare è necessario non essere troppo stanchi e avere il tempo materiale per praticarle; ricorda che la speranza e la fantasia sono indispensabili nella vita: qualcuna delle tue passioni può domani trasformarsi in redditizio lavoro.
  • Creati obiettivi a lungo termine come traguardi sognati a cui anelare; ma non dimenticarti di coltivare anche obiettivi a breve termine che ti gratifichino lungo la strada.

Un saluto a tutti i lettori,

Irina Zalinskaya

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