Vaccinazione coatta & Risentimento

Cari Lettori, pubblico qui la lettera che ho inviato ieri 16 settembre 2021 al quotidiano della mia citta’, “Il Gazzettino” e lo faccio perchè oggi la vedo pubblicata sì nella rubrica “Lettere al Direttore” ma ripulita da alcune parti evidentemente censurate e accorciata in modo tale da farne perdere il significato. Qui sotto la versione integrale.

“Gentile Direttore,

a proposito della lettera che ha ricevuto il 15 settembre da parte del “signor Dassi”, assai critico nei confronti della sicurezza del vaccino anti-Covid e fortemente risentito contro l’obbligo vaccinale (perché di obbligo si è trattato, per tutti) la mia riflessione è che le costrizioni non chiaramente giustificate, possono generare violento risentimento; non bisogna quindi stupirsi se in Italia c’è un esercito di persone che non dimentica la persecuzione di cui è stato vittima negli anni della Pandemia con green pass e correlata iniezione forzata; obbligo verso un vaccino preparato utilizzando una tecnica nuova che usa materiale genetico, in precedenza utilizzata solo per la terapia genica dei tumori, cosa che ha creato una sorta di angosciosa aspettativa cupa sugli effetti collaterali (che in realtà non sono mancati). A posteriori poi, si conferma ciò che già si sapeva: il vaccino non ha fatto raggiungere nessuna immunità di gregge e probabilmente ha generato anche uno sciame di varianti. Continua a leggere

Il CBD (Cannabidiolo) come psicofarmaco

Come ho già detto in precedenza, fumare spinelli ripetutamente e per periodi prolungati è un’abitudine deleteria per l’equilibrio psichico di una persona, tanto più se ciò avviene in età adolescenziale. (vedi: Cannabis & Schizofrenia)
Responsabile dei danni da Cannabis è uno dei due principali costituenti, denominato THC (tetraidrocannabinolo) che può provocare, in acuto, aumento dell’ansia fino al panico nonché psicosi; se assunto per lungo tempo poi, può dare depressione, psicosi cronica, disturbi cognitivi e disturbi delle funzioni frontali (demotivazione, mancanza di iniziativa, incapacità di definire, progettare e realizzare obiettivi adatti a sé). Notiamo anche però che il THC ha un’azione euforizzante e analgesica e per questi motivi viene assunto con gran frequenza nonostante la sua tossicità.
Il secondo più importante costituente della Cannabis è invece il CBD o cannabidiolo, una sostanza con effetti in gran parte opposti a quelli del THC e quindi potenzialmente in grado di svolgere un’azione lenitiva su vari disturbi psico-emotivi. Dico potenzialmente perché a tutt’oggi è sicuro che CBD mitighi gli effetti nocivi del THC mentre non sono pronti studi scientifici di alto valore che ne comprovino l’efficacia come psicofarmaco. Tuttavia, gli studi attualmente a disposizione e l’esperienza diretta delle persone, sembrano convergere tutti sull’utilità di CBD per lenire l’ansia, la tensione nervosa, e per migliorare l’umore.
A tali effetti positivi riportati, corrisponde in realtà un meccanismo d’azione che li giustifica, infatti il CBD:

  • Rende il neurone meno eccitabile a) ostacolando il “ritorno a casa” del sodio all’interno del neurone e b) aumentando la concentrazione intracellulare di Calcio
  • Stimola i recettori 1a della serotonina (5HT1a-R)
  • Stimola i recettori Mu e Delta degli oppioidi endogeni
  • Rallenta la degradazione di un endo-cannabinoide naturale chiamato Anandamide
  • Fa aumentare la concentrazione extracellulare di ADP (impedendone la ricaptazione all’interno del neurone) provocando quindi sonnolenza. Il CBD in questo caso provoca conseguenze opposte a quelle della caffeina che invece è in grado di spiazzare l’ADP dal proprio recettore dando effetto stimolante.

Bisogna aggiungere, a supporto di una reale e robusta azione psico-neuro-farmacologica del CBD, il suo utilizzo ufficialmente approvato per tre rare forme di epilessia resistente ai comuni trattamenti antiepilettici.
In natura, il CBD da solo non si trova quindi tutti i preparati disponibili sono ottenuti o per sintesi chimica ex novo o per estrazione dalla pianta Cannabis Sativa. Come è noto, vi sono moltissimi diversi prodotti venduti senza necessità di ricetta medica che contengono CBD da solo o in associazione ad altre sostanze compreso ovviamente il THC. Esistono poi due farmaci veri e propri vendibili solo i farmacia che la contengono: l’Epidyolex che contiene solo CBD ed ha come unica indicazione ufficiale l’epilessia associata a tre rare malattie, e il Sativex, uno spray che si assorbe nella mucosa orale e rilascia sia CBD che THC in proporzioni simili ed è indicato ufficialmente solo per la spasticità associata alla sclerosi multipla.
Leggendo il foglietto illustrativo dei due prodotti redatto dall’AIFA, si nota come sia il CBD da solo (Epidyolex) che, a maggior ragione, l’associazione CBD + THC (Sativex) non sono esenti da effetti collaterali e potenziali rischi.

A. Mercuri

Cannabis & Schizofrenia

E’ ormai scientificamente confermato che chi assume regolarmente Cannabis  è più a rischio di sviluppare malattie mentali, in particolare schizofrenia che è la più grave e invalidante di tutte. Non che fare un tiro di spinello ti renda schizofrenico all’istante e non è nemmeno detto che una persona che fuma tutta la vita cannabis lo diventi; però in qualche modo il THC (Tetra-Idro-Cannabinolo) della Cannabis è psicotogeno (generatore di psicosi) cioè rompe l’armonia del cervello normale e, in soggetti predisposti, può fare danni irreversibili. Purtroppo non si può sapere in anticipo chi si ammalerà di schizofrenia a causa della Cannabis e dopo quanto: è come per le sigarette, non sai se sei predisposto o no a sviluppare il cancro al polmone. Certamente, chi ha famigliarità per malattie mentali è più a rischio e anche chi è più instabile psico-emotivamente dovrebbe evitare la Cannabis; purtroppo invece, come capita spesso nella vita, piove sul bagnato cioè proprio chi è psichicamente disturbato e sofferente cerca sollievo nella chimica e fa maggiore uso di droghe peggiorando poi esponenzialmente la sua già precaria condizione.

La Cannabis contiene due principali principi attivi: 1) THC, sostanza con effetto euforizzante, analgesico, ma anche ansiogenico e psicotogeno; 2) CBD che invece ha un effetto per certi versi opposto in quanto è ansiolitico e antipsicotico.

Il dubbio che la Cannabis potesse slatentizzare disturbi psicotici era già stato espresso alla fine dell’ottocento da uno psichiatra scozzese che, visitando il manicomio del Cairo, osservò come tra i folli vi fossero molti fumatori di Cannabis; successivamente tale ipotesi fu sottovalutata per molto tempo fino a che non furono fatti studi scientifici seri che inequivocabilmente lo dimostrarono. In realtà, l’attenzione sulla Cannabis è stata posta negli ultimi anni soprattutto per

  1. la sua legalizzazione sempre più estesa come medicina (e in alcuni Stati addirittura come sostanza ricreativa) il che l’ha messa sotto i riflettori degli scienziati;
  2. dal 1965 al 1999 sembra che il numero di pazienti schizofrenici sia raddoppiato imponendo una ricerca delle cause tra le quali sono state passate in rassegna le varie droghe: dagli studi epidemiologici emerge che dall’8 al 24% delle psicosi potrebbe essere evitata se gli adolescenti non si intossicassero con la cannabis.

Va osservato inoltre che la Cannabis fumata oggi da gran parte dei nostri adolescenti (che sono poi i più vulnerabili ai suoi effetti psicotogeni perché hanno il cervello in formazione) non è la Cannabis tradizionale: a forza di incroci e artifici botanici i coltivatori sono riusciti negli ultimi decenni a selezionare varianti dotate di un alto contenuto di THC (alcaloide pericoloso) e basso di CBD (alcaloide buono che nella cannabis tradizionale, fumata dai nostri Hippies, elideva in parte gli effetti patogeni del THC); si pensi che la Cannabis del 1960 aveva appena il 3% di THC mentre quella attuale arriva in alcuni casi al 20%.

Ancora, vi sono oggi in commercio circa 200 varianti di THC create in laboratorio (e facilmente acquistabili su internet), dagli effetti sconosciuti e imprevedibili che possono essere usate per “condire” e rinforzare l’erba da fumare. Se si pensa che il mercato della droghe illegali è in mano a criminali senza scrupoli, vengono i brividi a pensare che buona parte dei nostri adolescenti butta nei polmoni un fumo velenoso venduto furtivamente per strada e dalla composizione in parte sconosciuta.

Non bisogna poi dimenticare che sempre più piede sta prendendo la pratica di inalare concentrati resinosi vaporizzabili di THC (il cosiddetto Wax Dabbing), ove la concentrazione di tale principio attivo è follemente elevata; la cosa più scandalosa è che tali preparati siano legalmente venduti su internet nei cosiddetti Cannabis Club Shops virtuali che fioriscono soprattutto in Spagna sfruttando un vuoto legislativo. (vedi ad esempio: https://www.royalqueenseeds.it/blog-marijuana-101-guida-al-dabbing-n378). Non dimentichiamoci che gli interessi economici anche degli Stati legati alla Cannabis legalizzata sono talmente forti da superare di gran lunga le preoccupazioni per la salute della popolazione; basta d’altra parte ricordare la vergognosa questione del tabacco il cui commercio in Italia è monopolizzato dallo Stato per il quale esso è una ricca fonte di reddito.   

La Cannabis non provoca negli adolescenti solo forme eclatanti di psicosi con delirio e allucinazioni ma spesso rende i giovanissimi apatici, distaccati, disinteressati, indifferenti, socialmente isolati, sintomi questi a metà strada tra depressione e schizofrenia e difficilmente curabili sia con gli antidepressivi che con gli antipsicotici; oppure si possono sviluppare sintomi di paranoia con la sensazione di essere perennemente al centro dell’attenzione, osservati e seguiti. Ancora, è tipico il primo attacco di panico avuto mentre si fumava lo spinello, al quale può seguire un duraturo disturbo di panico con isolamento sociale per paura che gli attacchi si ripetano. Da non dimenticare che spesso tutte le condizioni suddette necessitano di una terapia farmacologica il più delle volte costituita da antidepressivi: il problema quindi si ingrandisce e si cronicizza perché, come si sa, iniziare una terapia antidepressiva a 16 o 18 anni significa rischiare la dipendenza a vita. Certe esperienze di sballo non andrebbero mai fatte perché il cervello non dimentica nulla, nulla cancella: si limita a chiudere i circuiti col tempo ma non li elimina mai una volta formatisi. Continua a leggere

“Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina” di Benjamin Abelow

Gentili lettori, giusto per sapere come sono andate e vanno realmente le cose riguardo all’attuale guerra tra l’America (che manda avanti gli ucraini, a morire) e la Russia, consiglio di leggere il bellissimo, breve e chiarissimo libretto di Benjamin Abelow “Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina” che non giustifica certo l’attuale invasione russa dell’Ucraina ma ne spiega inequivocabilmente i retroscena. Molto obiettivo, pacato e ricco di documentazione ufficiale che prova quanto affermato. Giusto per non bere passivamente solo ciò che quasi tutta la Stampa occidentale filo-americana ci propina. Consiglio la recensione del libro sul sito “AnalisiDifesa” che mi sembra tra l’altro un sito molto interessante anche per lo spessore culturale degli autori degli articoli; dico prudenzialmente mi sembra perchè in realtà non ho guardato tale sito a lungo e attentamente ma solo in modo superficiale per cui potrei anche ricredermi. Ma per ora l’impressione è buona.

Un caro saluto,

A. Mercuri

Disturbi tiroidei & Disturbi psichiatrici

La tiroide è una ghiandola posta alla base del collo, proprio sopra lo sterno, che produce un ormone in due forme diverse (T3 e T4 la cui produzione è regolata dal TSH ipofisario) e il cui buon funzionamento è fondamentale durante lo sviluppo fetale ma anche in età adulta. Ne si comprende appieno il compito e l’importanza quando non funziona: la carenza di ormoni tiroidei nel feto provoca deficit di sviluppo sia somatico che, soprattutto, cerebrale fino ad arrivare alla forma estrema che è il nanismo ipotiroideo con grave ritardo mentale noto come cretinismo.
In età adulta poi, se la tiroide è ipo-attiva, il soggetto andrà incontro a obesità, rallentamento ideo-motorio, depressione, disturbi cognitivi, ovviamente in misura proporzionale al grado di carenza ormonale, fino ad arrivare alla condizione estrema nota come mixedema; se invece sarà iperattiva, il soggetto avrà ansia, agitazione, tachicardia, magrezza eccessiva nonché i caratteristici occhi sporgenti (esoftalmo).

Esiste una condizione conclamata sia di ipo- che di iper-tiroidismo qualora gli ormoni siano fuori dall’intervallo di riferimento e allora è facile capire il motivo dei disturbi; esiste però anche il cosiddetto ipo- o iper-tiroidismo sub-clinico cioè sottosoglia in cui è alterato solo il TSH (ormone ipofisario che stimola la tiroide) mentre il livello ormonale è normale e allora è più difficile capire il perché già in tale condizione possano essere presenti disturbi. (Il TSH stimola la tiroide con un meccanismo di controllo a retroazione per cui un livello basso di ormoni tiroidei stimola l’ipofisi a secernere più TSH che a sua volta va a stimolare la tiroide; l’opposto vale se gli ormoni sono troppi)

La causa più frequente di iper-tiroidismo (molto più comune nelle donne) è il famoso morbo di Basedow in cui, per motivi in parte genetici e in parte ambientali, si formano anticorpi diretti contro la propria tiroide (si chiamano TRAb); essi non sono distruttivi ma mimano l’effetto del TSH sovra-stimolando la ghiandola, alle volte tanto da arrivare ad una condizione pericolosa per la vita chiamata tireotossicosi.

La causa più comune di ipotiroidismo (nelle persone che assumono dosi di iodio adeguate), è sempre autoimmune ed è la tiroidite di Hashimoto, anch’essa molto più frequente nelle donne e fortemenente ereditaria in cui, soprattutto nelle donne dopo la gravidanza, il sistema immunitario comincia a produrre auto-anticorpi diretti contro propria ghiandola tiroide; ma questa volta essi non stimolano la ghiandola come nel morbo di Basedow ma la distruggono: si passerà infatti una prima fase caratterizzata da ipertiroidismo in cui vengono riversati in circolo una dose massiccia di ormoni in seguito alla rottura, ad opera degli autoanticorpi, dei follicoli tiroidei che li contengono; quando poi gli autoanticorpi avranno completamente distrutto la ghiandola, si passerà alla fase di ipotiroidismo, quella definitiva, in cui sarà indispensabile assumere per bocca gli ormoni per non andare incontro a Mixedema.

A proposito di tiroidite autoimmune di Hashimoto, vi è una cosa molto importante da sapere: quando i livelli ormonali (T3, T4 ed FTH) sono ancora normali, possono già esserci auto-anticorpi circolanti e questo è stranamente sufficiente a provocare disturbi neuropsichiatrici come ansia, insonnia, depressione, irritabilità, lievi disturbi cognitivi. In certi rari casi, si può arrivare alla cosiddetta encefalopatia di Hashimoto caratterizzata da un grave quadro neurologico e/o psichiatrico la quale può presentarsi addirittura con T3, T4 e TSH normali!
Ma perché la sola presenza di auto-anticorpi diretti contro la tiroide anche senza alterazioni ormonali può essere sufficiente a dare disturbi neuropsichiatrici?

Questo avviene perché gli anticorpi anti-tiroide sono diretti contro alcune molecole della ghiandola che si ritrovano però, molto simili, nel cervello a livello di neuroni, vasi sanguigni o cellule di supporto (cellule gliali). Si chiama immunità crociata e tali auto-anticorpi, pur non essendo distruttivi per il cervello (come lo sono invece per la tiroide) alterano però il funzionamento del delicato organo soprattutto nelle sue funzioni più complesse, quelle psico-emotive.

E adesso, parliamo di cosa si può fare.
Per l’ipo-tiroidismo si usano gli ormoni liofilizzati in compresse (Eutirox è uno dei nomi più comuni) e per l’iper-tiroidismo si usa il Tapazolo, un farmaco con azione inibitoria sulla tiroide. Difficile è invece trattare la componente autoimmune della tiroidite perché essa richiederebbe una terapia immunosoppressiva (sarebbe utile anche per prevenire la distruzione della ghiandola) che però, se usata a lungo, dà più problemi della tiroidite stessa. Pertanto, la componente autoimmune della tiroidite di Hashimoto (che comporta la produzione di auto-anticorpi) si tratta solo se provoca conseguenze gravissime (come nel caso dell’encefalopatia di Hashimoto in cui si usano alte dosi di cortisone); abitualmente si preferisce aspettare che la tiroidite faccia il suo corso trattando l’iper e l’ipotiroidismo qualora si manifestino e riservando agli eventuali disturbi neuropsichiatrici (ansia, insonnia, depressione) se intensi, un trattamento sintomatico con psicofarmaci.
Riassumendo: soprattutto alle donne in età matura che hanno in famiglia casi di tiroidite di Hashimoto è consigliabile eseguire periodicamente non solo il dosaggio di T3 T4 e TSH ma anche degli auto-anticorpi: anti-TPO (anti-tireoperossidasi), anti-TR (anticorpi diretti contro il recettore della tiroglobulina) e anti-TG ( antiti-roglobulina) perché anche a ghiandola perfettamente funzionante, possono già da soli spiegare la presenza di alcuni disturbi psicoemotivi. Da sapere che ben 1 persona su 20 ha la tiroidite di Hashimoto (spesso senza saperlo) e che nel 90% dei casi è donna.

Qualcuno adesso si chiederà: ma se non vi è poi nulla da fare contro gli auto-anticorpi, che senso ha ricercarli? Beh…in effetti è vero, ma sapere la possibile causa di un disturbo è sicuramente meglio che brancolare nel buio frugando magari per anni nel passato alla ricerca di cause psicologiche.

Un caro saluto,
A. Mercuri

Litio e depressione cronica recidivante

Il Litio, terzo elemento della tavola periodica, è una sostanza naturale molto semplice che in natura si trova sotto forma di sale aggregato in pietre e rocce (líthos=pietra); le piogge poi dilavano le rocce quindi il litio è presente nell’acqua potabile, viene assorbito dalle piante, assunto dagli animali e dall’uomo che in una dieta media assorbe circa 1 mg al giorno di litio elementare; una piccola dose ma indispensabile per la salute psicofisica: studi di geologia su amplissimi campioni di popolazione hanno evidenziato che ove nell’acqua potabile c’è una dose maggiore di litio, vi sono meno depressioni, demenze, suicidi, la vita è più lunga tant’è che qualcuno ha proposto di aggiungerne una micro dose nell’acqua potabile come già si fa col fluoro contro la carie dentaria o con lo jodio nel sale alimentare per la prevenzione dell’ipotiroidismo.
Comunemente le persone e anche molti medici, ancora associano il litio solo alla psicosi maniaco depressiva, la forma più grave del disturbo bipolare (disturbo nel quale si alternano o si sovrappongono sovraeccitamento e depressione) in cui la tossicità del farmaco è tristemente accettata data la gravità della patologia da curare; in realtà oggi il litio viene usato con successo anche a dosaggi bassi e non patogeni per patologie psichiatriche di minore gravità come la depressione cronica ricorrente (molto comune tra gli utilizzatori di antidepressvi), il temperamento ciclotimico (lieve bipolarità costituzionale), il temperamento ipertimico (lieve maniacalità costituzionale), prevenzione e stabilizzazione del decadimento cognitivo.
Il litio  ha cominciato la sua carriera alla fine degli anni ’40 del 1900, epoca in cui esistevano ancora i manicomi e venivano curate solo le malattie mentali gravi mentre quelle lievi non venivano nemmeno prese in considerazione: la prima somministrazione di Litio infatti venne fatta dallo psichiatra australiano John Cade su pazienti maniacali ricoverati in manicomio. Da allora (e fin quasi ai giorni nostri) il litio è stato dunque utilizzato solo nelle forme più gravi di disturbo bipolare, di depressione e di mania e sempre a dosaggio mediamente utile per tali gravi patologie (litiemia tra 0,6 e 1.0 mmol/L di sangue), dose pericolosamente vicina alla tossicità. Lo stereotipo ancora rimasto è: sì al litio per i gravi disturbi dell’umore ma, essendo molto tossico, va fatto un bilancio tra i vantaggi per la mente e i danni per il corpo.

Quali danni per il corpo? Se si supera la concentrazione nel sangue di 1,0 mmol/L la tossicità è immediata soprattutto a danno dei reni mentre se anche mantieni un dosaggio interno al range, comunque rischi di andare incontro negli anni ad un danno cumulativo a reni e tiroide.
Oggi non è più così, la convinzione che il litio funzioni solo all’interno del range standard e quindi vada riservato alle gravi patologie non è più un’assioma: a bassi dosaggi atossici il litio stabilizza le forme lievi di oscillazione dell’umore, rinforza la terapia antidepressiva, previene il suicidio e la demenza.

Per quanto riguarda la depressione va osservato che il litio non è solo un farmaco sintomatico ma è curativo: mentre cioè i comuni antidepressivi agiscono solo innalzando il livello di uno o due neurotrasmettitori il che provoca presto abitudine e perdita di efficacia, il litio agisce in senso antidepressivo su molti bersagli molecolari del neurone trasformando gradualmente ma profondamente la micro-anatomia del cervello e dando una condizione di benessere simile a quella naturale. La mancata assuefazione al suo effetto e la sua capcità di prevenire o arrestare la demenza fanno pensare ad una azione antidepressiva secondaria al miglioramento della salute globale del cervello. Continua a leggere

Prolattina alta: che fare?

La prolattina è un ormone prodotto dall’ipofisi che ha la funzione principale di stimolare la produzione di latte nella donna durante l’allattamento. Anche l’uomo tuttavia produce una piccola dose di prolattina il cui significato è poco noto. Sia nella donna che nell’uomo, l’eccesso costante di prolattina è dannoso perché provoca una diminuita produzione di FSH ed LH, due ormoni ipofisari che stimolano le gonadi a produrre testosterone nell’uomo ed estrogeni nella donna.

Come conseguenza diretta di un eccesso di prolattina sulle ghiandole mammarie, in entrambe i sessi vi è ingrossamento delle mammelle fino ad arrivare talvolta alla secrezione spontanea di latte dai capezzoli (galattorrea); indirettamente poi, a causa del calo degli ormoni sessuali, la prolattina in eccesso provoca in entrambe i sessi ridotto desiderio sessuale, ridotta fertilità e osteoporosi.

Importante notare comunque che la gravità dei sintomi non è proporzionale al livello di prolattina perché ci sono individui che pur avendone alti livelli son privi di sintomi mentre altri, con una prolattina appena sopra la norma, hanno già inturgidimento delle ghiandole mammarie (nel maschio chiamata ginecomastia), disturbi sessuali e calo della fertilità.

Più nello specifico, poco testosterone nell’uomo significa perdita di interesse per il sesso, umore basso e scarsa energia; pochi estrogeni nella donna provocano atrofia e secchezza della mucosa uretrale e vaginale, dolore durante il coito, vampate di calore, irregolarità mestruali, acne e moderato irsutismo.

Venendo alle cause di iperprolattinemia, dobbiamo ovviamente ricordare le malattie dell’ipotalamo e dell’ipofisi nonché l’ipotiroidismo e l’uso di levodopa nei pazienti parkinsoniani; ma di gran lunga più comune è l’iperprolattinemia da psicofarmaci.

Gli psicofarmaci che provocano più facilmente e fortemente iperprolattinemia sono gli antipsicotici (aloperidolo, perfenazina, quetiapina, risperidone, amisulpride) perché inibiscono la liberazione di dopamina anche a livello ipotalamico, dopamina che ha una funzione inibitoria sulla secrezione ipofisaria di prolattina. Togliendo quindi il freno dopaminergico, la prolattina verrà rilsciata in abbondanza in circolo. Anche gli antidepressivi, sia pur raramente e in misura molto minore, possono provocare iperprolattinemia ed in particolare Clomipramina (ad alte dosi però!). Continua a leggere

Modalina (trifluoperazina)

E’ un vecchio farmaco sintetizzato nei fervidi e scientificamente prolifici, postbellici anni ’50 del ‘900, appartenente alla categoria delle fenotiazine, unico tra gli antipsicotici sia di vecchia generazione (perfenazina, aloperidolo, coloropromazina, promazina, aloperidolo, tiopentixolo), che di nuova generazione (olanzapina, quetiapina, risperidone) ad essere approvato dalla FDA americana e dall’AIFA italiana anche per i disturbi d’ansia (oltre che per le psicosi ovviamente). Fondamentale per tale approvazione è stato l’articolo del lontano 1986 di J. Mendels e altri Autori: “Effective short-term treatment of generalized anxiety disorder with trifluoperazine” oltre alla decennale esperienza clinica in tal senso.
Così si legge nella scheda tecnica AIFA di Modalina riguardo alle indicazioni del prodotto: 
“Per il trattamento delle manifestazioni di disordini psicotici. Per il controllo degli stati di ansia, tensione ed agitazione che si osservano nelle nevrosi o associati a somatizzazioni”.
Ancora, sul suo meccanismo d’azione, dalla scheda tecnica AIFA: Continua a leggere

“Come imparare più cose e vivere meglio” libro di Roberto Vacca

Scritto intorno al 1980 dal famoso ingegnere, divulgatore e scienziato Roberto Vacca, è un libro piacevole, simpatico, carico di contagioso e autentico entusiasmo. Scritto con linguaggio semplice e comprensibilissimo a tutti, come sa fare chi ha le idee chiare e non ha bisogno di gettare fumo negli occhi dei lettori, l’Autore spiega in modo avvincente come l’appassionarsi ai più disparati argomenti del sapere sia un felice stile di vita e un meraviglioso antidoto contro l’angoscia e la depressione, cosa questa efficacemente spiegata nel paragrafo “Come prevenire la depressione e la disperazione”.  Lo consiglio vivamente a tutti.

Vedi anche https://it.wikipedia.org/wiki/Come_imparare_pi%C3%B9_cose_e_vivere_meglio

Un caro saluto,

A. Mercuri

Aripiprazolo, un farmaco efficace e multiuso

Aripiprazolo (vedi anche: Abilify (aripiprazolo) si può definire davvero un farmaco con molte qualità: a dosaggio basso, per intendersi 3-5 mg al giorno, funziona quasi unicamente da stimolante dopaminergico:

Ancora va detto che, aumentandone il dosaggio, Aripiprazolo diventa un vero e proprio farmaco efficace contro la follia agendo positivamente su deliri e allucinazioni col vantaggio, rispetto ad altri antipsicotici, di dare meno sonnolenza, molto meno aumento di peso e conservando (o addirittura stimolando) interessi e motivazione che invece gli antipsicotici tradizionali tendono a spegnere ancor dippiù di ciò che fa già la psicosi).

Restando nell’ambito dei più comuni bassi dosaggi utilizzabili per i disturbi psico-emotivi minori (depressione, disturbi sessuali, ansia, ossessioni) si può dire che, da solo o in associazione con altri psicofarmaci, aripiprazolo abbia dimostrato un’ottima tollerabilità ed efficacia. L’unica avvertenza importante è di assumerlo al mattino proprio perché stimolante.

A. Mercuri