Disturbo di panico: tra neurologia e stile di vita
L’attacco di panico è una condizione di ansia acuta, talmente intensa da risultare paralizzante. Normalmente, l’ansia provoca uno stato di allerta in cui l’individuo è pronto ad agire in qualche modo o scappando dal pericolo o affrontandolo. In ogni caso, conserva la propria autonomia.
Nell’attacco di panico invece, l’ansia è talmente intensa da paralizzare l’individuo, come chi, nella vita reale, si trova di fronte ad un evento talmente minaccioso per sé, grave e difficile da gestire, che non può far altro che bloccarsi e chiedere aiuto. Per questo, tipicamente, anche le persone abitualmente più forti e indipendenti rimangono annientate dall’attacco di panico perdendo l’autonomia ed essendo costrette a farsi soccorrere.
La caratteristica principale che rende l’attacco di panico così spaventoso è la sensazione che qualcosa di terribile stia accadendo proprio a se stessi, nel corpo (infarto, ictus) o nella mente (follia): come si vede, qualcosa di terribile, inevitabile, ingovernabile.
Ma perché alcune persone pur facendo una vita tranquilla li hanno e altre, anche se sottoposte a forti e prolungati stress, no?
La risposta è molto banale: perché alcuni ne sono costituzionalmente predisposti e altri no; è come chiedersi perché alcuni, pur facendo una vita tranquilla, vanno in depressione o hanno gli attacchi epilettici.
E che ci sia una costituzione predisponente al panico, ne è la prova anche la famigliarità di questo disturbo, che sovente è o era presente anche in qualche consanguineo.
In particolare, gli studi scientifici hanno dimostrato che, i soggetti predisposti agli attacchi di panico, hanno una costituzione “adrenalinica” cioè un ipertono adrenergico del Locus Coeruleus, un piccolo raggruppamento di neuroni localizzati nel tronco encefalico e secernenti noradrenalina, i quali neuroni, ipereccitati, scaricano una valanga di noradrenalina su tutti i neuroni postsinsptici con essi in connessione, provocando i classici sintomi dell’attacco di panico. E’ da considerare che i neuroni del Locus coeruleus, pur essendo relativamente pochi, sono in grado di eccitare tutto l’encefalo, dal midollo spinale alla corteccia cerebrale, rendendosi quindi responsabili dei sintomi neurovegetativi dell’attacco di panico (iperventilazione, tachicardia) attraverso le connessioni con midollo spinale e col tronco encefalico; rendendosi responsabili dei sintomi emotivi (ansia, angoscia, terrore, sofferenza) attraverso le connessioni col sistema limbico; rendendosi responsabili delle manifestazioni cognitive (cosa sta succedendo? Perché? Qual è la causa? ) attraverso le connessioni con la corteccia prefrontale.
Infine, i neuroni del Locus Coeruleus, vanno ad eccitare anche l’Amigdala, una piccola formazione cerebrale che registra per sempre gli avvenimenti più spiacevoli della nostra vita, non perché è sadica ma allo scopo di farceli evitare in futuro. Quest’ultima cosa è di grande importanza perché il drammatico e indelebile ricordo, registrato dall’Amigdala, delle circostanze in cui sono avvenuti gli attacchi di panico più violenti, fa sì che il soggetto eviti di ritrovarsi in situazioni analoghe: se un attacco l’hai avuto in automobile, vorrai eviterai di guidare e, se sei costretto a farlo, salirai in macchina già con l’ansia (si chiama ansia anticipatoria) e quest’ansia ti predisporrà ovviamente ad avere l’attacco; se il secondo attacco l’hai avuto nel supermercato, vorrai evitare di fare la spesa nei supermercati e se entri in un supermercato, già ti sale l’ansia; e così via, fino a precluderti una vita normale.
Insomma, l’Amigdala fa bene il suo lavoro di registrazione, ma non è molto intelligente perché è un nucleo cerebrale primitivo, formatosi quando la vita era molto più semplice e i rapporti di causa effetto erano più immediati di oggi. Essa ti fa credere che la causa dell’attacco sia il guidare, sia il fare la spesa al supermercato, ecc. e ti da il cattivo suggerimento di non fare più queste cose. Intelligente quindi devi essere tu e capire che è solo una coincidenza fortuita il luogo e la situazione in cui hai avuto l’attacco, quindi devi rilassarti, non evitare nulla e continuare a fare le tue solite cose.
Va ricordato che l’ipertiroidismo facilita l’insorgenza del disturbo di panico in quanto comporta uno stato di iperattivazione adrenergica costante. Ancora, tra le cause note ma rarissime di panico, vanno ricordate l’epilessia del lobo temporale e il feocromocitoma, un tumore del surrene secernente catecolammine (adrenalina, noradrenalina, dopamina).
Ancora, da ricordare, che l’uso eccessivo di sostanze stimolanti come caffè e sigarette, favorisce il panico o almeno ne aumenta l’intesità, così come fanno l’astinenza da calmanti (comunemente benzodiazepine e alcool) o l’uso di droghe illecite (Cannabis e altro). A proposito della caffeina, è interessante notare che, durante la gravidanza, gli attacchi di panico quasi scompaiono: di ciò è in parte responsabile l’ormone femminile Progesterone il quale, oltre a tante altre funzioni, agisce in modo opposto alla caffeina.
E’ chiaro che oggi, facendo una vita artificiale, sempre con un sottofondo di ansia e preoccupazione costanti, senza contatto con la natura e senza la sana stanchezza di un lavoro fisico, gli attacchi di panico sono molto più frequenti, nei soggetti predisposti: la prima descrizione di qualcosa che somiglia vagamente agli attacchi di panico odierni, risale solo al 1871 quando il medico Jacob da Costa descrisse una sindrome frequente nei soldati reduci dal fronte che denominò “nevrosi cardiorespiratoria”. E’ da notare che prima di quella data, la scienza medica ignorava il panico e ciò significa che era assai raro; la sindrome osservata da Da Costa inoltre colpiva solo i soldati, quindi una categoria esposta ad un logorio nervoso straordinario, non colpiva la popolazione generale.
Oggi, ne sono colpiti soprattutto coloro che, per temperamento adrenergico, accumulano ansia e tensione: ambiziosi, orgogliosi e competitivi, prendono la vita di petto, organizzano tutto senza risparmiarsi; tali soggetti di solito vanno incontro anche a ipertensione arteriosa e ulcera peptica. Sono proprio essi che subiscono più facilmente l’umiliazione e lo smacco di dover cambiare rotta e rivedere la propria filosofia di vita, arricchendosi nella personalità e rinunciando alla strenua lotta per primeggiare.
Poi ci sono quelli tendenzialmente depressi che vivono in una condizione di perenne paura della vita, i quali pur non facendo nulla di straordinario, accumulano stanchezza e ansia fino all’esplosione del panico.
In entrambe le categorie comunque, è presente un eccesso d’ansia cronica che lentamente sale, come la marea, fino a tracimare nel parossismo del panico, quando il cervello non ne può più, si rifiuta di andare oltre e con uno sternuto, cui ne seguiranno molti altri, si sbarazza di tutte le nostre ambizioni moderne, molto umane ma poco naturali.
Che ci sia un ampio sottosuolo inconscio nel disturbo di panico, come Freud sottolineava, è dimostrato poi dalla presenza di attacchi di panico durante il sonno, nella metà circa dei casi.
Va osservato che il Locus Coeruleus è fisiologicamente incaricato di mantenere l’encefalo “acceso” e la sua azione eccitatoria è contrastata da alcuni neuroni serotoninergici che svolgono funzione opposta; per questo, se vogliamo contenere i danni provocati da un locus coeruleus ipereccitato, noi medici somministriamo antidepressivi serotoninergici come terapia per il disturbo di panico. I quali antidepressivi serotoninergici danno un benessere tranquillo che consente, nel caso dei “superambiziosi”, di rilassarsi e sentirsi appagati anche senza scavalcare le montagne, oppure nel caso dei “tendenzialmente depressi”, consente loro di prendere la vita con più allegria e meno terrore. Quanto alle benzodiazepine, va osservato esse che rendono l’attacco meno intenso e, probabilmente, se usate cronicamente, rendono meno frequenti gli attacchi. Però i loro effetti collaterali, alla lunga, sono forse più dannosi degli attacchi di panico stessi.
Perciò, se gli attacchi di panico sono gravi e invalidanti, sì agli antidepressivi serotoninergici e sì alle benzodiazepine sporadicamente o per brevi periodi ma, soprattutto, è necessario essere convinti che l’attacco di panico è innocuo. E’ necessario inoltre, assumere un atteggiamento più amichevole e fatalista nei confronti della vita, creandosi occasioni di relax e svago e qualche forte interesse extralavorativo di tipo culturale che diventi un giardino segreto nel quale rilassarsi.
A. Mercuri