L’utilità biologica della follia

C’è una legge biologica fondamentale per cui i caratteri individuali dannosi o inutili per la specie tendono ad estinguersi insieme all’individuo portatore, che non sopravvive fino all’età della riproduzione in un ambiente per il quale è inidoneo.

Ci sono tuttavia alcuni casi in cui tale legge sembra non valere, come nel caso della follia. Perché, se le malattie mentali sono dannose per la specie umana, la follia non sparisce dai nostri geni?

Probabilmente perché, pur non essendo utile per l’individuo, lo è per la specie.

Il folle infatti, generalmente non ha legami sociali e non è competitivo: può permettersi quindi di dire sfrontatamente la verità, di non essere diplomatico, perché tanto non ha timore di scontentare nessuno nella sua vita senza relazioni; egli tende quindi a rompere le pericolose mode utilitaristiche che gli uomini sani di mente, nella loro cooperazione sociale, tendono a formare.

Il folle inoltre non è competitivo quindi può permettersi di amare e rispettare l’ambiente.

Cosa c’entra l’ambiente con la competitività? C’entra, perché la distruzione ambientale è conseguenza della serrata lotta tra individui per la sopravvivenza in un mondo sovraffollato: è la competizione “intraspecifica”, deleteria in tutte le specie biologiche ma sommamente in quella umana (leggasi ‘il declino dell’uomo’ di Konrad Lorenz).

Si intende, parlo della follia leggera in un uomo intelligente, quella ‘diversità’, ‘originalità’ di pensare e agire rispetto alla massa, che fa sentire ed essere fuori dal coro, un passo in là. Ma certo, solo un passo, due al massimo.

Siate dunque consapevoli che il vostro eventuale disagio psichico può essere utile e non va soffocato con gli psicofarmaci: convertitelo in rabbia, in azione, in ideale; spesso oggi depressione, ansia, ossessioni e perfino psicosi, esprimono il vostro rifiuto di adattarvi ad uno stile di vita rovinoso per gli individui e per la specie.  Se arriverà qualcosa di buono per l’umanità, arriverà da un piccolo gruppo di uomini illuminati e fuori dal coro.

A. Mercuri