Psicofarmaci

Amantadina per i disturbi sessuali da antidepressivi

Uno dei più fastidiosi e debilitanti effetti collaterali dell’uso di antidepressivi serotoninergici è la compromissione dell’attività sessuale sia nell’uomo che nella donna, effetto assai comune che riguarda, seppur con intensità variabile, la maggior parte dei pazienti e il più delle volte insorge già nei primi giorni di cura persistendo poi per tutta la durata del trattamento (anche se vi sono casi fortunati in cui si attenua e scompare col tempo).

La sessualità si compone di tre fasi: 1) desiderio, 2) eccitamento genitale e 3) orgasmo

  1. Desiderio: per il desiderio sessuale molto importante è la corteccia cerebrale limbica, tenuta accesa dai lunghi prolungamenti assonici dei neuroni meso-limbici dopaminergici (lunghi neuroni che hanno il corpo cellulare nel tronco encefalico e allungano i loro prolungamenti dendritici fino alla corteccia limbica). La dopamina dunque accende e mantiene la libido mentre la serotonina, attivando i propri recettori 5HT-R2, abbassa il tono dopaminergico della corteccia limbica spegnendo la libido.
  2. Eccitamento ed erezione: il tono della corteccia limbica è importante sia per il desiderio che per l’eccitamento sessuale (erezione nel maschio, inturgidimento del clitoride e lubrificazione vaginale nella donna) quindi l’azione inibitoria della serotonina su tale regione cerebrale comprometterà anche l’eccitamento; la serotonina inoltre esercita un’azione inibitoria sui rilessi sensitivo-motorii viscerali spinali preposti alla vasodilatazione nel pene e nel clitoride. L’eccesso di serotonina poi, a livello d’organo, rallenta il rilascio del vasodilatatore ossido nitrico, fondamentale per l’inturgidimento dei tessuti erettili (azione esattamente opposta a quella di Viagra e simili)
  3. Orgasmo ed eiaculazione: la serotonina in eccesso può provocare anorgasmia in entrambe i sessi attraverso: 1) Iper-stimolazione dei propri recettori 5HT-R2 e conseguente inibizione, a vari livelli del sistema nervoso, della trasmissione dopaminergica e noradrenergica; 2) Alterazione dei riflessi spinali autonomici simpatici e parasimpatici che alternandosi con esatto tempismo regolano finemente orgasmo ed eiaculazione.

Vedi anche:

Sembra dunque che sia principalmente l’eccesso di serotonina indotto dagli antidepressivi a provocare un calo di attività dopaminergica in certe regioni del sistema nervoso, responsabile poi di tutti i disturbi sessuali provocati da tali farmaci. I farmaci ad azione dopaminergica possono quindi ripristinare il perduto equilibrio tra serotonina e dopamina alterato dall’eccesso di serotonina; questo senza nulla togliere all’efficacia antidepressiva della cura di base anzi, potenziandola con un aumento di iniziativa, motivazione e senso del piacere che solo la dopamina può dare.

A questo proposito va notato che i comuni antidepressivi potenziano i circuiti serotoninergici (SSRI) o tutt’al più serotoninergici e noradrenergici (SNRI) ma purtroppo non potenziano i circuiti dopaminergici che sono fondamentali per il senso del piacere anzi, tendono a smorzarli; forse è per questo che non sempre gli antidepressivi funzionano, soprattutto nelle persone ormai abituate all’assunzione di tali molecole: in tali casi, l’aggiunta di un farmaco dopaminergico non solo migliora la sessualità ma può innescare o potenziare un’azione antidepressiva assente o insufficiente.

Tra i dopaminergici in uso e con pochi e blandi effetti collaterali vi è l’amantadina (Mantadan), utilizzata inizialmente come farmaco antivirale e poi come farmaco antiparkinsoniano (il morbo di Parkinson è caratterizzato da un calo di tono dopaminergico in certe regioni del cervello). Più recentemente l’amantadina è stata apprezzata come adiuvante nella terapia antidepressiva qualora i comuni antidepressivi da soli non funzionino.

Certamente l’eventuale aggiunta di Amantadina sia come potenziatore di una terapia antidepressiva insufficiente sia come correttore dei disturbi sessuali va ponderata da un medico che conosca bene tale molecola perché vi sono alcune condizioni o patologie incompatibili col suo utilizzo. 

Bibliografia:

Ibrahim A. Abdel-Hamid et a. (2016) The drug treatment of delayed ejaculation

A. Mercuri

Insonnia Cronica: Quviviq (Daridorexant)

Daridorexant (nome commerciale Quviviq) è un farmaco recentemente messo in commercio in Italia che ha come indicazione l’insonnia cronica (insonnia presente da almeno tre mesi e che si presenta almeno 3 notti a settimana). Ha un meccanismo d’azione del tutto differente da qualsiasi altro ipnotico perché agisce inibendo l’azione di 2 sostanze presenti nel nostro cervello denominate Orexine (A e B). Le Orexine, come si intuisce, stimolano il cervello a restare sveglio e dunque Daridorexant, inibendone la funzione, facilita il sonno (occupa senza stimolarli i recettori 1 e 2 dell’Orexina). In realtà, le Orexine non stimolano solo la veglia ma fanno aumentare anche l’appetito (è stata la loro prima funzione scoperta, da cui il nome) e regolano molte altre funzioni tra cui quelle cognitive e il senso del piacere: le Orexine infatti vengono secrete da alcuni neuroni dell’ipotalamo che contraggono sinapsi con molte altre zone del cervello, vicine e lontane.

(Sulla neurobiologia delle orexine e il loro effetto sul senso del piacere molto bello è: Neurobiology of the Orexin System and Its Potential Role in the Regulation of Hedonic Tone )

Rispetto a tutti gli altri farmaci usati per l’insonnia, Daridorexant ha una selettività d’azione per i recettori delle Orexine, cioè non ha affinità per altri recettori, quindi la sua azione dovrebbe essere più pulita e mirata al sonno con meno effetti collaterali; questo sembra verificato nella realtà clinica in quanto Daridorexant esibisce solitamente una varietà di effetti collaterali comuni e blandi; le Benzodiazepine, a confronto, provocano un sonno di durata limitata e qualità scadente dando inoltre disturbi della memoria che si protraggono per molte ore dopo il risveglio; ancora, le BDZ danno notoriamente dipendenza, tolleranza e astinenza: Daridorexant invece, sembra garantire una buona durata e qualità del sonno con un recupero rapido e completo dell’efficienza psicofisica al risveglio. (Vedi,  A Comprehensive Review of Daridorexant 2022)

In uno studio durato 12 mesi (Vedi Daridorexant in Insomnia Disorder: A Profle of Its Use), sembra che Daridorexant abbia mantenuto intatta la sua efficacia  senza necessità di aumentarne il dosaggio e senza la comparsa di effetti collaterali tardivi. Alla sospensione del trattamento, anche brusca, sembra inoltre che Daridorexant non abbia dato sintomi di astinenza.

Il problema principale per chi volesse provare Daridorexant (Quiviq) resta comunque il costo, considerando anche che, se funziona, non funziona subito ma dopo un utilizzo prolungato (non chiedetemi “prolungato, quanto”?: non lo so, credo che ogni caso sia a sé.

Vanno ricordate comunque alcune avvertenze riguardo Daridorexant:

  1. E’ un farmaco immesso sul mercato da poco, quindi poco si sa dei suoi reali effetti che solo chi lo prova può dire; gli articoli scientifici che ne parlano, possono essere infatti più o meno nascostamente pilotati per interessi commerciali.
  2. Un punto non è per nulla chiaro: se le Orexine hanno molte funzioni nel nostro cervello tra cui la regolazione dell’appetito e dell’umore, come è possibile che un inibitore dei circuiti orexinergici come Daridorexant inibisca solo selettivamente la veglia e non dia anche, ad esempio, anoressia e depressione? Sul punto depressione, comincia in realtà già ad esserci letteratura, vedete ad esempio questo autorevole link: https://www.psychiatrist.com/jcp/possible-suicidal-risk-daridorexant-new-treatment-insomnia/
  3. Da quello che ho capito, Daridorexant non funziona al bisogno ma è necessario assumerlo a lungo prima che riesca (forse) a riportare alla normalità un sonno cronicamente disturbato.
  4. L’efficacia di Daridorexant, a quanto sembra, è stata testata su pazienti genericamente classificati come  “insonni cronici” ma nulla si sa del motivo per cui erano insonni. Avevano depressione, ansia, ossessioni, psicosi o soltanto un’insonnia primaria senza altri disturbi? E’ FONDAMENTALE sapere come e se agisce nelle singole patologie psichiatriche e questo ancora non lo sappiamo.

Lasciamo dunque la parola a chi l’ha provato, andate a guardarvi il più autorevole sito americano di recensione sui farmaci Drug.com; Daridorexant ha ricevuto dagli utilizzatori un basso punteggio medio di 4,8 su 10. [Quetiapina 7,6; Mirtazapina 7,1; Tavor 7,4; Gabapentin (simile a Lyrica) 7,5); Trazodone 6,2] Daridorexant for Insomnia Reviews – Drugs.com

E qui sotto, un elenco vastissimo e rigoroso delle opinioni sui sonniferi di Drug.com: https://www.drugs.com/condition/insomnia.html?sort=drug&order=asc

A. Mercuri

Pregabalin (Lyrica) per l’insonnia

Solitamente l’insonnia, quando da’ disturbi, è secondaria ad altri problemi psichiatrici o ad errori nell’igiene del sonno (andare a letto tardi, fare sport intenso la sera, bere caffè, alcolici o fumare molto prima di dormire) oppure fisici (dolori, disturbi digestivi o respiratori). Quindi dire: “Il mio problema è l’insonnia” è una superficialità con poco significato e sta al medico indagare da cosa l’insonnia deriva. Ogni tipo di insonnia necessita di un’attenta analisi per capirne l’origine: se uno non dorme perché è troppo euforico, si gioverà di basse dosi di antipsicotico (Quetiapina, Olanzapina, ecc.); se non dorme perché ha deliri di persecuzione, quindi per psicosi, dormirà bene con dosi alte di antipsicotici; se non dorme per depressione invece, l’antipsicotico anche a basse dosi solitamente fa male ed egli dormirà meglio con Trittico o con un antidepressivo. Ovviamente se uno dorme male perché ha il naso chiuso dormirà bene liberando il naso e se uno dorme male perché ha dolori dormirà bene con un antidolorifico ecc.

Gli ansiolitici comunque, tra cui ricordiamo benzodiazepine e pregabalin (Lyrica), in generale migliorano il sonno di chiunque e in qualsiasi circostanza. Ovviamente funzionano meglio ove il problema che tiene svegli sia proprio l’ansia.

Pregabalin ha indicazioni ufficiali come antiepilettico, ansiolitico e antidolorifico ma è efficace anche per l’insonnia provocata da dolori (soprattutto fibromialgia, neuropatia diabetica, nevralgia posterpetica) o provocata da ansia cronica. Io aggiungerei che, funzionando spesso da antidepressivo, può migliorare il sonno anche in soggetti depressi. Insomma, pregabalin sembra essere una buona alternativa alle benzodiazepine, per dormire; ha un meccanismo d’azione completamente diverso da esse e non dà i loro problemi cognitivi tipici come vuoti di memoria o rallentamento cognitivo e solitamente, anche dall’esperienza coi miei pazienti, pregabalin ha un effetto ansiolitico piacevole nel senso che non abbassa l’umore o l’energia anzi, in alcuni soggetti può dare euforia; inoltre, Lyrica agisce rapidamente (nell’arco di una settimana) anche sui sintomi somatici dell’ansia (tachicardia, tachipnea, sudorazione, ecc.), mentre con le benzodiazepine serve più di 1 settimana di trattamento per lenire i sintomi somatici dell’ansia. Sembra anche che pregabalin non dia molta assuefazione (cioè non è necessario aumentare rapidamente la dose per ottenere lo stesso effetto) ed è più facile da sospendere delle benzodiazepine.

(Vedi anche il mio articolo Lyrica)

Gli effetti collaterali, qualora usato per dormire (si possono usare dosaggi dai 25 ai 300 mg in unica somministrazione serale) sono solitamente modesti e svaniscono col tempo (un po’di stordimento o sonnolenza al mattino, ovviamente in proporzione alla dose). Ancora, non ci sono particolari interazioni di pregabalin con altri farmaci (a parte se usato ad alto dosaggio in associazione ad oppiacei ad alto dosaggio).  Nemmeno con l’acool o con benzodiazepine sembra avere particolari interazioni (sebbene il buon senso dica di non assumerlo da ubriachi) e anzi, Lyrica sembra essere utile nello svezzamento da alcol e benzodiazepine e nel dell’astinenza da tali sostanze. Lyrica non tocca inoltre la pressione o la frequenza cardiaca e non dà alcun interessamento epatico dal momento che viene rapidamente smaltito dai reni senza essere metabolizzato. Rispetto al sonno indotto dalle benzodiazepine, va notata una cosa importante: pregabalin allunga proprio la componente più riposante del sonno e cioè quella ad onde lente del sonno profondo (SWS dall’inglese Slow Wave Sleep cioè gli stadi 3 e 4 del sonno) correggendo quindi l’insonnia in modo fisiologico (all’opposto, le benzodiazepine accorciano la SWS dando un sonno breve, superficiale e poco riposante). Certamente, a differenza delle benzodiazepine, pregabalin non funziona bene per il sonno se assunto sporadicamente ma va assunto regolarmente e dopo qualche giorno esercita la sua azione.

A. Mercuri

Indice articoli psicofarmaci