Utilità biologica & Utilità sociale

La Natura non consente agli esseri umani di vivere con gioia pensando solo al benessere personale ma da essi pretende un contributo alla salvaguardia e alla prosecuzione della specie cui appartengono; tale contributo, prevede la procreazione di nuovi individui (altruismo biologico) e/o la partecipazione al buon funzionamento della comunità di cui si fa parte (altruismo sociale).

Questo va tenuto ben presente quando si è giovani e alle volte sembra che i figli siano un impiccio; viviamo in una societa’ edonistica, orientata al soddisfacimento immediato dei bisogni personali, con principi morali sempre più annacquati: in tale contesto, i figli possono essere sentiti come una fatica, come un impedimento alla gioia, una zavorra dispendiosa che costringe a sacrificare molti desideri personali oltre a rovinare un po’ la silhouette della donna e il sonno di entrambi.

La sensazione che senza prole si viva in modo più agiato è uno dei tanti inganni delle società opulente che paradossalmente fanno meno figli delle comunita’ povere pur avendo maggiori mezzi economici per mantenerli. Tuttavia, molte coppie poi si pentono di non aver procreato quando potevano e purtroppo se ne accorgono quando ormai di figli non possono più averne.  La noia di vivere, la tristezza e la sensazione che la vita non abbia più senso sono sentimenti che possono comparire con l’avanzare dell’età e accompagnano i risvegli di molte persone senza figli: la necessità di procreare è profondamente radicata nei nostri geni perché è l’elemento su cui si basa la prosecuzione della vita sulla terra e quindi la procreazione è protetta da potenti automatismi psicologici che ci invogliano ma anche ci costringono al suo espletamento pena un senso di incompletezza e inutilità. I figli prima e i nipoti poi, danno un senso profondo sia all’individuo che alla coppia perché nei piani della Natura, costituiscono il principale scopo della prolungata convivenza tra uomo e donna, un cardine su cui può ruotare per decenni l’interesse reciproco di due persone conviventi che trovano continuamente nel mantenimento e nell’educazione della prole un senso di necessità al vivere comune.

Se non si procrea per disinteresse o impossibilità di farlo, c’è comunque la possibilità di compensare tale carenza biologica con un altro tipo di altruismo, fortemente premiato dalla Natura ma non sempre facile e istintivo, l’altruismo sociale: dedicarsi cioè al successo di altri individui soprattutto se giovani e appartenenti alla comunità in cui si vive.

Ad esempio, si è notato che la percentuale di individui omosessuali è costantemente del 5% in tutto il mondo (3% maschi e 2%femmine) e, probabilmente, è stata tale in tutte le epoche, come se la Natura, a tale minoranza e in tale proporzione, ci tenesse. Gli scienziati si sono allora interrogati sull’utilità biologica dell’omosessualità dando come spiegazione che nell’ambito della piccola comunità famigliare di appartenenza, l’omosessuale ha la possibilità, almeno teorica, di accudire fratelli e nipoti consentendo loro di procreare più agevolmente e dando quindi un fondamentale contributo, sebbene indiretto, alla continuità della specie. In generale, qualsiasi individuo senza figli può entrare nelle grazie della Natura con il comportamento virtuoso dell’altruismo sociale, nel momento in cui questo facilita altri individui della comunità a procreare.

E’ chiaro che aiutare un giovane a trovare lavoro, a sposarsi e a fare bimbi, dia molta più gioia che imboccare gli anziani in una casa di riposo perché va più direttamente al cuore degli interessi della Natura; lo dico spesso ai miei pazienti depressi in cerca di dare un senso di necessità alla propria vita: fate figli se ancora potete oppure siate altruisti, prendetevi cura degli altri. Tuttavia non costringetevi a fare volontariato negli ospedali, nelle case di riposo o nelle comunità psichiatriche a meno che non abbiate un credo politico o religioso per farlo se no rischiate che tale sforzo diventi un boomerang che lungi dall’aiutarvi vi deprime ancor dippiù.

Interrogatevi pertanto, nei periodi di crisi, sul vostro livello di utilità biologica e/o sociale e se lo vedete basso, sollevatelo: diventerete così concilianti e collaborativi con voi stessi dirigendovi con meno inciampi verso il successo e il benessere personali. Se vuoi provvedere a te stesso, dimenticati. Si, non ci è concesso di vivere solo protesi verso la felicità personale ma dobbiamo in ogni momento contribuire al benessere e alla salvaguardia della specie.

La pensione è l’età più a rischio di depressione perché di procreare ormai non se ne parla più ma contemporaneamente, essendo usciti dall’attività lavorativa, si rischia l’inutilità sociale a meno che non ci si dedichi a figli e nipoti o non si sia persone colte, intelligenti e sagge che possono attrarre l’interesse di nuove generazioni: sembra che nell’essere umano una vita tanto lunga serva proprio a far si che informazioni importanti possano essere trasmesse di generazione in generazione dal vecchio al giovane.  Concludo sottolineando l’importanza di appartenere ad una piccola comunità locale di persone accomunate da forti interessi comuni, in netto contrasto con la deleteria tendenza globalizzante attuale frutto di una “cultura unica” cui internet spinge e di uno sciagurato e disonesto progetto di allargamento economico da parte della grande industria.

A. Mercuri

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